La Cartolina | Ascoli-Catanzaro e la corsa di Mazzone

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“Se famo er 3 a 3 vengo sotto a curva”: l’esclamazione di Carlo Mazzone è rimasta scolpita nella storia recente del calcio di casa nostra. E “Sor Carletto”, con quella sua corsa forsennata, goffa – da uomo non più giovanissimo – ha consegnato al nuovo millennio l’immagine più “romantica” e passionale del pallone di provincia. Perché l’allenatore romano è sempre stato uomo viscerale, autentico, senza filtri, “nostrano”.

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E chi crede che la corsa verso il settore occupato dai bergamaschi in quel Brescia – Atalanta del 30 settembre 2001, sia stato l’unico “scatto” dell’allenatore romano, si sbaglia. Perché proprio il 30 settembre di ventidue anni prima – ironia della sorte – Mazzone si era già espresso in un gesto simile, allorquando guidava il Catanzaro, in massima serie. Dove? Al “Del Duca” di Ascoli, stadio che ospiterà gli uomini di Vivarini, sabato pomeriggio.

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Allora era Serie A (la terza giornata di campionato 79/80) e Mazzone l’anno successivo (e per altre quattro stagioni) sarebbe passato sulla panchina marchigiana, di cui divenne un simbolo. Chi era l’allenatore dei bianconeri? Gibì Fabbri, timoniere dell’US nell’84/85. Il calcio, la vita, sa essere sorprendente nelle infinite porte girevoli che propone, tutti i giorni.

Ad onor di cronaca, Giovan Battista Fabbri scrisse il miglior risultato di sempre per l’Ascoli nella Serie A a girone unico – che negli anni ’80 ebbe il suo periodo d’oro – ossia il quinto posto che, in seguito, a causa dei verdetti dello scandalo del Totonero (con la retrocessione d’ufficio del Milan, terzo in graduatoria), si tramutò in un’irripetibile quarta posizione. 

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Quel giorno Ascoli e Catanzaro si divisero la posta e i tempi di gioco: prima frazione in totale gestione dei padroni di casa, che si portarono sul 2 a 0 già poco dopo il quarto d’ora. La vittoria sembrava mera formalità. Ripresa, invece, a tinte giallorosse complice l’ingresso di Bresciani al posto di Braglia, con un finale di gara scoppiettante: Palanca al 78′ prima accorciò le distanze dal dischetto e, dieci minuti più tardi, proprio Bresciani, illuminato da una giocata (alla Pirlo) per vie centrali di Nicolini, realizzò la rete del 2 a 2, mandando in visibilio la panchina e, in particolare, Mazzone.

L’allenatore giallorosso si lasciò andare, partendo a razzo dalla propria postazione, col pugno destro al cielo, per abbracciare il proprio calciatore: i fatti avevano premiato la sua intuizione. Scene di un calcio autentico. Scene di un calcio romantico, che non esiste più.

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