Avete presente Domitilla, uno dei personaggi de “Le Comiche” di Villaggio e Pozzetto, nota per i suoi tic nervosi a corredo degli stati d’ansia? Stati d’ansia che si manifestavano prepotentemente alla vista dei due protagonisti, come presagio di sventura.
Ecco, coloro che amano la Commedia all’italiana facessero copia-incolla di questa immagine per applicarla su un tifoso del Palermo nel momento in cui gli venga sussurrata la parola “Catanzaro” all’orecchio: stato d’ansia, tic nervosi e sconforto.
Battute – pessime – a parte, i giallorossi hanno la connotazione della bestia nera per i siculi, per di più sul terreno amico. Che “amico” non si è dimostrato né durante, né soprattutto al termine della partita, domenica scorsa, con la bordata di fischi equiparabile alla grandine scesa dal cielo.
Più che legittimo e occorre fare un plauso ai tifosi palermitani per il sostegno rivolto verso la maglia – come segno di mentalità – più che nei riguardi di una squadra e di un allenatore i quali, loro malgrado, stanno fin qui deludendo le aspettative. E i mugugni si tramutano inevitabilmente in contestazione.
Certo, non è mica un fallimento sancito dalla fine del torneo, ma quand’anche si centrasse un posticino playoff alla fine della stagione regolare – il Palermo dispone ovviamente dei mezzi per farlo – quel primo posto che più si attaglierebbe alle qualità dell’organico (e al budget destinato per costruirlo) appare oggi irraggiungibile.
Dal Catanzaro, sullo sfondo, una risposta importantissima: un’altra vittoria – la seconda consecutiva – era necessaria per dare conferma che il 2-1 sul Brescia non fosse un fatto isolato, episodico, un fuoco di paglia che divampa e poi si spegne in pochi sospiri.
Serviva sbloccarsi mentalmente e poi dar luogo ad una prestazione solida sul piano caratteriale e psicologico, concreta e in alcuni tratti cinica, al di là delle sfumature tecnico-tattiche senza le quali è impossibile fare calcio.
Anche il “saper soffrire” (che nel calcio non è un ossimoro, ma verità) e restare compatti, nel momento in cui il Palermo aveva alzato le lancette, è stato premiato e potrà rivelarsi altra freccia nell’arco di Fabio Caserta.
Una partita “stile playoff” per definizione degli addetti ai lavori, aperta all’episodio (da una parte e dall’altra) in qualunque momento, stappata subito dai giallorossi i quali, tuttavia, non riuscivano a lanciarsi nelle praterie lasciate dai padroni di casa una volta perforata la prima linea di pressione.
E nell’emotività generale, tra tifoserie dallo stato d’animo opposto, Pompetti dipingeva l’arcobaleno in mezzo alle nuvole di dicembre, consegnando agli atti forse il gol più bello di giornata.
Non solo: da annotare l’ottimo impatto di Antonini – lontano dal campo da un paio di mesi – e la duttilità tattica del buon Cassandro, il quale magari non avrà la gamba tipica di un esterno alto o di un quinto, ma l’ordine accademico di chi fa il suo e lo fa anche bene, specie nell’intercambiarsi.
E poi, ecco Buso. Il ragazzo, rotti gli indugi con il gol qualche settimana fa, dà l’impressione di sentirsi partecipe: non un titolare, d’accordo, ma pur sempre coinvolto, consapevole di poter essere decisivo a gara in corso, indipendentemente della mattonella ricoperta.
Insomma, ingredienti che incoraggiano in vista della gara di sabato con lo Spezia – la più tosta al “Ceravolo” dopo il Sassuolo, sulla carta – e, ponendo lo sguardo un po’ più in là, verso il “Marulla”, verso il derby di Santo Stefano.