Nell’anno dello scudetto post-Calciopoli (la stagione 2011/12), la Juventus riuscì a mandare a rete ben venti giocatori di movimento, stabilendo questo singolare primato.
Il Catanzaro schiacciasassi di questa trionfale annata, che ha polverizzato tutto ciò sui cui ha posto lo sguardo, ha abbattuto record su record, ma se proprio vogliamo trovare una falla, è la mancanza di uno dei giocatori simbolo tra i nomi che appaiono alla voce “gol segnati”: Nicolò Brighenti, guardiano della difesa giallorossa.
Stagione del riscatto per il roccioso difensore veneto, il quale – battute a parte – non è certo deputato alla funzione di farli, i gol. Semmai, evitarli e con notevoli risultati, dal momento che non risultano ad oggi prestazioni macchiate da sbavature nel campionato di Brighenti, uomo di riferimento dell’US.
Stagione del riscatto, dicevamo, per uno che ha preferito rischiare, andare “all in” e decidere di scendere di categoria, lui che ha calcato solo campi di cadetteria e serie A.
Ma col senno del poi, il tempo ha dato ragione al numero 23 delle Aquile, il quale si è rivelato lungimirante evidentemente: andare in C, fermarsi solo un anno. Era scritto.
Era scritto che il Catanzaro avrebbe recitato il ruolo da protagonista del girone C, al cospetto del quale nessuno è riuscito ad avvicinarsi. E di questo gruppo, di questa colonna unita composta da soli fuoriclasse della categoria, Brighenti è stato un titolarissimo.
Per questo – ci venga consentita la paradossale battuta – rammarica un po’ che il 33enne di Bussolengo non sia riuscito a trovare la via del gol. Ma poco importa, non è indicativo. Quel che è emblematico, invece, è l’importanza di un calciatore che funge da riferimento in campo e fuori.
Intervenendo al “Corriere del Veneto”, Brighenti ha avuto modo di tracciare le tappe significative di questo straordinario cammino, suggellato con la vittoria del campionato e con la Supercoppa che potrebbe essere ciliegina sulla torta.
“Ci considerano come eroi – sostiene Brighenti, a proposito della gente di Catanzaro -. Siamo stati a mantenere equilibrio mentale e l’aver continuato a ottenere risultati, con la fame di vincere, a campionato vinto, conferma quanto tutti vogliano affermarsi”.
Un connubio di intenti, diversi fattori si sono allineati, stando alle parole dell’ex difensore del Frosinone, che ha posto in evidenza elementi quali “la programmazione della società, il mister e la squadra”, oltre a quella componente di fortuna che nel calcio e nella vita occorre sempre.
E chissà che, ove mai dovesse tornare in campo a Potenza, proprio la sorte non voglia baciarlo con la gioia del gol in giallorosso, che ancora manca.