Cosa deve fare un cronista, un buon cronista? Dire “piove” se fuori piove. Descrivere la realtà, attenersi ai fatti, senza enfasi né disfattismo.
Il rivedere, a posteriori, quella che era una posizione iniziale, non è certo incoerenza: se i fatti evolvono, prendono nuova forma, ci si accoda a ciò che accade, si resta sempre sull’attualità.
Era oggettivo che nel Catanzaro – in quel Catanzaro, la versione andata in scena da agosto a novembre – qualcosa non andasse. Era innegabile che le prestazioni fossero non all’altezza del potenziale di un gruppo nuovo, che aveva bisogno di conoscersi a fondo, immagazzinare concetti nuovi. Concetti nuovi, di un allenatore nuovo, al quale occorre dare il merito, innanzitutto, di aver rivisto, con umiltà, le posizioni tecnico-tattiche in direzione delle quali si era lavorato sul mercato estivo, sconfessando il modulo proposto all’inizio.
Cesena, Cittadella, Salerno (per citare le uscite forse peggiori) restano l’emblema del nulla della proposta di un Catanzaro in cerca di sé, privo di colore; quanto accaduto poi è da ricondurre sempre ai meriti di Fabio Caserta, che ha plasmato qualcosa di piacevole agli occhi, eliminando definitivamente l’ombra del predecessore Vivarini (anzi, il “peso”) e facendo suo questo gruppo.
Oggi, quindi, è innegabile quanto sia cresciuto questo Catanzaro, quanto sia maturo, forte delle sue qualità e in grado di poter fronteggiare chiunque. Anche durante gli eventuali playoff. E scriviamolo a lettere cubitali, “EVENTUALI”, un po’ per scaramanzia, un po’ per rigor di logica. Così come, sempre a rigor di logica, l’US ha centrato (manca una manciata di centimetri all’aritmetica inequivocabile) la salvezza, il tanto riverberato “mantenimento della categoria”, obiettivo numero uno del sodalizio di via Gioacchino da Fiore.
Sì, i giallorossi possono davvero giocarsela con chiunque e senza paura: la trasferta di La Spezia, in casa della terza del campionato, ha consegnato questa indicazione, non che prima non lo si sapesse, ma andare a vincere contro un avversario del genere (con un centravanti che probabilmente giocherà la Champions League l’anno prossimo, tornando all’Inter) avvalora la forza di questa squadra.
Veniamo alla vittoria del “Picco”. Nella prima mezzora solo lo Spezia in campo. I padroni di casa pressano in modo forsennato, aggredendo alti, inducendo Petriccione e compagni a forzare il passaggio e sbagliare, nel mentre La Penna sventola cartellini a iosa, faticando a gestire gli animi.
I bianconeri guadagnano terreno, sì, ma non concretizzano. Il Catanzaro invece contiene, “sa soffrire” (elemento essenziale in alcune fasi delle partite), ma non perde mai la bussola, anzi, riparte col suo fraseggio. Poi, la stoccata dell’attaccante forse più atteso (Pittarello) e l’apporto di colui che ormai costituisce una garanzia delle Aquile (Pigliacelli, che ha parato l’impossibile).
E, in tutto ciò, questa vittoria si rivela di un’importanza vitale non solo per un posto in chiave playoff, ma per non mettere a repentaglio lo svolgimento degli spareggi! La sconfitta riduce il distacco tra terza e quarta, impedendo allo Spezia di prendere il largo ulteriormente qualora avesse vinto.
Al “Ceravolo”, domenica, la Reggiana. Avversario da prendere con le pinze – come tutte – a caccia di punti sanguinosi per la salvezza. Ma il Catanzaro è cresciuto, il Catanzaro è altra storia. Ora è il Catanzaro di Caserta.