Il doppio Ex – Piccioni: “Noi siamo quelli di una volta…”

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“Noi siamo di un’altra generazione. Siamo quelli di una volta”.

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Sì, quelli di una volta. Quelli con i folti baffi e le basette a contornare le guance; quelli con i numeri dall’1 all’11, senza cognome né sponsor sulla maglia. Quando non si usavano parastinchi; quando vi erano il libero, il mediano, l’ala, lo stopper; quando il pallone era di solo cuoio e non vi era la termosaldatura per le cuciture; quando Bortoluzzi, Ameri e Provenzali erano le voci delle nostri emozioni, delle nostre palpitazioni, la domenica pomeriggio, prima di attendere Pigna a “La Domenica Sportiva”.

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Viene nostalgia verso quegli anni anche per chi non ha avuto il privilegio di viverli. Viene nostalgia a sentir parlare Enrico Piccioni, portavoce di una generazione.

“Noi siamo quelli di una volta”, dice appunto Piccioni, in una conversazione che sboccia e prosegue spontaneamente, come tra zio e nipote, nel rievocare pagine di vita, tra Catanzaro e Cremona. Una lunga “gavetta” in provincia, quello squisito e genuino calcio di provincia. Una carriera ventennale, tra inizio anni ’80 e i 2000 appena sfiorati, Piccioni parte dalla sua San Benedetto del Tronto, per poi fare tappa a Forlì, Empoli, Perugia, poi nuovamente nelle Marche, toccando Catanzaro nel biennio 1985-1987, prima di passare proprio alla Cremonese.

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Catanzaro e Cremonese, che si affronteranno nelle prima giornata di campionato di Serie B dopo circa diciotto anni, non possono che avere in Enrico Piccioni (attualmente allenatore e sempre attento osservatore) un tifoso speciale.

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Ed è impossibile “parteggiare” più per l’una o per l’altra squadra: chi ha giocato a calcio, con passione, serietà e professionalità, porta nel cuore tutte le esperienze e le città che lo hanno ospitato, indipendentemente dai risultati.

“Per ogni ex calciatore i primi risultati da controllare, la domenica, sono sempre delle squadre in cui si è giocato”, dice Piccioni a IlTraversone.it.

Centrocampista tutto grinta e cuore – quello che una volta era conosciuto come “mediano” o “incontrista” – l’ex giallorosso, in due anni di US, ha conosciuto un po’ tutte le sensazioni cardine di questo mestiere: l’amarezza della sconfitta, lo sconforto della retrocessione, ma anche la gioia della vittoria ed il sapore della rivincita. E soprattutto, l’onore e il piacere di aver condiviso lo spogliatoio e il campo con Massimo Palanca.

“A Catanzaro sono stato benissimo, nonostante il primo anno sia stato segnato da vicissitudini come infortuni, cambi di allenatore, culminato con la retrocessione in C1. Poi arrivò Massimo (Palanca) e tanti altri giocatori forti e con mister Tobia vincemmo il campionato. Ricordo ancora quella vittoria nel derby a Cosenza, con la doppietta di Massimo, davanti a ventimila tifosi di casa e senza il supporto dei nostri, che poi vennero ad accoglierci al Motel Agip, dopo la partita – ricorda, commosso -. Certe cose non si dimenticano, basta solo parlarne per emozionarsi”. E ancora: “Nel calcio, di norma, vai via quando fai bene. Ma quando non arrivano i risultati, devi restare per poter dimostrare il tuo valore e poterti riscattare, come successe a me”, rivela Piccioni, il quale ammette di ricevere puntualmente notizie e aneddoti da Catanzaro, in virtù di una parentela acquisita negli anni: insomma, i colori giallorossi sono comunque rimasti sulla sua pelle.

E non è l’unico ricordo: “Essendo mediano, non sono mai stato un calciatore deputato a far gol, solo ad Empoli, nell’82/83, ne realizzai addirittura otto. Non era la mia peculiarità, io semmai pensavo a marcare il 10 avversario e contribuire alla ripartenza. A Catanzaro, però (quando con Tobia passammo alla marcatura “a zona” pura) mi levai la soddisfazione di segnare all’Ascoli, all’ultima giornata del campionato 85/86. Nonostante la retrocessione, ricordo quella partita con l’orgoglio di aver fatto un gol ad una squadra rivale, per me che sono di San Benedetto”.

Il presente vede il Catanzaro in cadetteria dopo un’annata trionfale, dopo aver scritto la storia delle Serie C: “Sono contentissimo, il Catanzaro è tornato nella dimensione che gli compete, come minimo. Vista la società, non poteva essere altrimenti – osserva -. Avevo capito che vi fosse una struttura per ‘ammazzare’ il campionato ed è accaduto. Mister Vivarini, poi, è bravissimo, quindi vi sono tutti i presupposti per far bene, anche grazie ad una piazza che ha ripreso fiducia e una tifoseria che trascina, come dodicesimo uomo in campo”.

Il destino, quindi, pone il Catanzaro ospite della Cremonese: “Qualche settimana fa sono stato a Cremona, a trovare amici, e lì ho percepito il rammarico di aver cambiato guida tecnica troppo tardi, nel passato campionato di A e con Ballardini, quest’anno si vorrà fare bene – sostiene Piccioni -. Ma il Catanzaro è squadra valida, poi avrà il sostegno di tanti tifosi al seguito, come sempre. L’esito è tutt’altro che scontato, considerando anche che, prima che le squadre arrivino al 100% della condizione, dovrà passare altro tempo”.

E cosa fa oggi, Enrico Piccioni? “Dopo tanti anni in panchina, tra Italia ed estero – Malta e Bulgaria – la mia priorità è la famiglia – ammette -. Sì, lo scorso gennaio ho scelto di dare una mano alla PalmensePromozione marchigiana – essendo vicino casa e data la grande amicizia col direttore sportivo. Così ho ereditato una situazione quasi impossibile e siamo riusciti nel miracolo di centrare la salvezza con due giornate d’anticipo. Avevo anche detto ‘sì’ al prolungamento a giugno, ma poi, riflettendoci, ho deciso di pensare alla famiglia, soprattutto a godermi la nipotina, figlia di mio figlio Gianmarco – attaccante della Nocerina, dopo sedici gol a Matera lo scorso anno -. Ben vengano, eventualmente, opportunità vicino casa, ma voglio dedicarmi alla bambina”.

E conclude: “Se nel calcio di oggi esistesse maggiore meritocrazia, guadagnerebbe credibilità tutto l’ambiente. Largo ai giovani! Ce ne sono tanti e sono anche molto bravi”.

 

(FOTO: ARCHIVIO PERSONALE ENRICO PICCIONI)

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