“Il cuore è una pompa: la sua funzione principale è portare il sangue ricco di ossigeno al resto del corpo, a cellule, tessuti e organi, in modo da nutrirli, e ricevere il sangue carico di anidride carbonica da inviare ai polmoni dove avviene lo scambio con l’ossigeno”.
Ora chiudete gli occhi e provate a immaginare uno scenario simile su un campo di calcio, o più precisamente, nello scacchiere perfetto designato da Vincenzo Vivarini.
Ci perdonerà il mediano classe 2000, nativo di Pescara, se si troverà incluso in un insolito gioco di parole, che richiamerà, inequivocabilmente, la premessa iniziale: il cuore (del centrocampo) è (una) Pomp-etti.
Negli ultimi anni è risultato quasi impronosticabile collaudare in termini pratici il connubio tra il sostantivo maschile “giovane” e il sostantivo femminile “esperienza”, Marco Pompetti ci insegna che si può. Si può fare.
E’, dunque, possibile credere che l’ex gioiellino della Primavera dell’Inter abbia già avuto occasione di esprimere il proprio talento tra i cadetti, in seguito all’ultima esperienza conclusasi nel sorprendente Sudtirol (che tanto bene ha fatto nella stagione di Serie B appena terminata) e, ancor prima, nel Pescara (in Lega Pro) di un’ex conoscenza del calcio catanzarese, come Gaetano Auteri, grazie al quale lo stesso Pompetti aveva trovato grande continuità nel 3-4-3 in coppia con l’altro mediano Diambo.
E’ un ragazzo di (A)mare Marco Pompetti, come testimoniato in una delle sue recenti dichiarazioni. Non avrà particolari complessità ad ambientarsi nei luoghi tipici catanzaresi.
Parlerà dei suoi ricordi legati ai primi calci ad un pallone rotolante, con la voce rotta ed emozionata a citare il nome della nonna, ponendo un accento particolare sulla genetica di famiglia, in comunione con quella notevole predisposizione nell’utilizzo del piede sinistro.
Ammetterà, inoltre, che proprio la sua famiglia sia da identificare come il punto di partenza della sua vita calcistica, per via della tranquillità profusa e l’assenza di pressione, grazie alle quali la libertà di esprimere il proprio talento ha raggiunto il suo picco più alto.
“Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio”, recita una famosa citazione pronunciata da Josè Mourinho, confermata, seppur indirettamente, dal fatto che chi è dotato di così tanta intelligenza calcistica deve aver praticato necessariamente altri sport, col solo fine di poter comprendere al meglio la dottrina e i dogmi del gioco, soprattutto per chi il gioco lo “inventa”, essendo regista di professione.
Difatti, prima di orientarsi definitivamente sulla carriera calcistica, un già precoce Marco Pompetti deciderà di “provare” a e sperimentare la propria tecnica nel tennis, captando fin da subito che il pallone avrebbe ben presto sostituto pallina e racchetta nella vita del giovane Marco.
Pescara, Milano, Bolzano, Catanzaro. No, non è l’inizio di una barzelletta, sono le tappe fondamentali della carriera di Marco Pompetti che, nonostante l’età non avanzata, ha già calcato l’intero stivale, scoprendo di poter apprendere e sviluppare il proprio talento in forme differenti, ma pur sempre su ottimi livelli.
Pescarese di nascita, dunque, facilmente accostabile ad un altro nome illustre del nostro calcio, quel Marco Verratti, suo omonimo, abruzzese come lui e dal ruolo analogo.
Sarà ricordato dallo stesso mediano come uno degli idoli d’infanzia, data la storica promozione in Serie A, raggiunta nel 2012 con Zdenek Zeman in panchina.
Milano sarà la prima tappa di un viaggio lungo (in termini di chilometri percorsi) e di una particolare data da cerchiare in rosso sul calendario: Marco nasce il 22 maggio, giorno del Triplete nerazzurro e, difatti, con l’Inter vincerà subito. Primo anno, primo trofeo. Il Torneo Viareggio.
Qualche mese dopo vincerà lo scudetto Primavera targato Stefano Vecchi (attuale tecnico della Feralpisalò) e sarà premiato come MVP della fase finale del torneo, a dimostrazione del fatto che si può essere grandi (giocatori) già da piccoli.
Poi il debutto in Youth League e le prime convocazioni in prima squadra, con conseguenti allenamenti assieme ai campioni in maglia nerazzurra.
L’emozione più grande? Indossare la maglia della Nazionale e la particolare sfida con uno degli astri nascenti del centrocampo Blancos, Aurélien Tchouaméni, fedelissimo del Real Madrid di Carlo Ancelotti. Il talento riconosce il talento, è risaputo.
Il talento riconosce il talento, è vero. Il carisma riconosce il carisma, è altrettanto vero. Indossare la fascia da capitano del Pescara a 22 anni è sinonimo di forza, eccezionale, coinvolgimento del gruppo, affidabilità e prestigio, le stesse componenti che verranno risaltate al momento delle prime difficoltà incontrate in quel di Milano.
Il giocatore più forte col quale abbia mai giocato sarà Nicolò Zaniolo che, per via di una particolare coincidenza astrale, gioca anch’egli in maglia giallorossa (quella del Galatasaray).
Di sé ammetterà che se potesse “rubare” una particolare caratteristica ad un compagno di squadra sarebbe la personalità, mista a quella considerevole voglia di incidere dentro e fuori dal rettangolo di gioco, concetto sempre reso noto dall’idea che giovinezza, talento e voglia di fare non facciano mai a sportellate con l’esperienza.
Parlando di numeri, nella sua miglior stagione il genio di Marco Pompetti incontra il suo apice da regista basso nel 3-5-2 di Zauri (ai tempi del Pescara), mettendo a segno 4 gol e 9 assist, bottino niente male data la sua posizione poco incline alla fase offensiva.
L’annata successiva al Sudtirol non sarà contrassegnata da prestazioni memorabili, per via dell’idea di gioco di mister Bisoli, il quale punterà ad ottenere dai suoi centrocampisti una maggiore copertura delle zone di campo interessate agli avversi, a dispetto di un’impostazione di gioco scandita dai ritmi della manovra.
Tatticamente, considerata la sua affermata predisposizione nel prediligere il piede sinistro, una spiccata qualità tecnica fanno di lui un ottimo tiratore anche con il piede destro, in particolar modo, avendo l’obiettivo di aprire il gioco da una parte del campo all’altra per via della stimata consuetudine di sfruttare i lanci in profondità.
Duttilità e profondità che fanno rima con dinamicità, facilitata dalla struttura fisica (vanta una statura di 1,82 m), perfetta unione per aver la facoltà di spaziare nelle zone di campo interessate, ribaltando l’azione in offensiva.
Destini incrociati. Il 30 gennaio 2022, in un post pubblicato sul suo profilo Instagram, scriverà “Che bello è!”, quasi come se sapesse che circa un anno e mezzo dopo avrebbe nuovamente ascoltato quelle parole riecheggiare dagli spalti del Ceravolo, quando il Re dello scacchiere, colui che “fa girare” la squadra, prende palla e conduce l’azione.
Chissà, inoltre, se in questi ultimi giorni, che hanno definito la chiusura della trattativa avrà contatto l’amico fin dai tempi di Pescara, Simone Pontisso, col quale molte volte ha diviso lo spartito di centrocampo, oltre che lo spogliatoio.
Una vita da mediano.
Una vita da mediano
A recuperar palloni
Nato senza i piedi buoni
Lavorare sui polmoni
Una vita da mediano
Con dei compiti precisi
A coprire certe zone
A giocare generosi.
Una vita da mediano
Da chi segna sempre poco
Che il pallone devi darlo
A chi finalizza il gioco
Una vita da mediano
Che natura non ti ha dato
Né lo spunto della punta
Né del 10 che peccato.
Quante volte se lo sarà sentito ripetere Marco Pompetti, quante altre volte probabilmente continuerà a sentirselo dire.
Ripensandoci, recuperar palloni, lavorare sui polmoni, giocare generosi, “dare il pallone a chi finalizza il gioco” costituiscono il profilo del giocatore che ogni allenatore desidererebbe avere nella propria rosa.
Esattamente come il cuore, l’organo del quale nessuno può fare a meno, capace di scandire sentimenti e stati d’animo in ognuno di noi, anche quando batte a velocità elevate, per una partita di calcio, che non cambierà nulla delle cose pratiche della vita, ma da un senso di manifesta legittimazione in chi la vive.
D’altronde è così, “il cuore non s’addestra, sta a sinistra”. Come Marco Pompetti, che poche ore fa ha mandato (seppur via social) il primo saluto ai tifosi giallorossi, attraverso i canali dell’US.
Nel cuore del centrocampo, preferibilmente col piede sinistro.
Soluzione mai banale.