Di questi tempi, a ridosso degli immancabili e sempre “graditi” playoff, negli anni addietro, prima di scollinare oltre la siepe e incontrare le squadre settentrionali, riecheggiava la “previsione” disfattista del tifoso del bar o del blog che professoreggiava con quel “vabbè, mo’ che incontriamo squadre del girone A ci eliminano. Là si gioca a pallone ‘serio’, duva avimu e jiira?”.
Quante volte avremo sentito questa frase funesta (fingendo di frugare nella tasca dei pantaloni, per fare gli scongiuri), da quando la Lega Pro ha dato vita alla riforma che prevede un playoff “tutti contro tutti” della durata di cinque settimane?
Questa era la profezia del menagramo di turno, dotto ed esperto di pallone perché in vita sua magari avrà giocato il campionato di Prima Categoria sul campo di Runci o “ala Sala“, ragion per cui “eu e pallona ‘nda capisciu, a differenza vostra”.
Peccato che, puntualmente, i fatti finivano col suffragare questa bislacca tesi, non perché questa avesse delle fondamenta, ma perché, di riffa o di raffa, il girone meridionale di Serie C ha effettivamente patito un impoverimento della cifra tecnica da qualche anno a questa parte, lontana dai tempi in cui ci bazzicavano Benevento, Catania, Frosinone, Lecce, Perugia, il miglior Foggia e via discorrendo, oltre allo stesso Catanzaro.
Sembrano passati secoli, invece è ieri l’altro. Sembra sia successo ieri, le lacrime di Figliomeni e lo sfogo di Floriano Noto in sala stampa dopo l’eliminazione con la Feralpisalò del 2019 o la parabola beffarda di Gelli che supera un non impeccabile Di Gennaro, nel vuoto opaco del “Ceravolo”, mentre gli unici “colori” erano quelli delle “zone” delineate dai governi regionali, in piena pandemia.
Storia recente, di cui portiamo le cicatrici. Cicatrici di cui essere fieri, orgogliosi, perché disegnano la nostra storia, spiegano da dove arriviamo. E il Catanzaro dei record, forse la squadra più bella degli ultimi decenni sui Tre Colli, viene da lì. Da un progetto tecnico che affonda le sue radici due anni fa, ma si è visto rinvigorito proprio da una disfatta consumata sul lato opposto del Paese: Padova, e non certo perché loro “giocavano a pallone serio” e noi, “poveri allocchi”, no. Tutt’altro. Avremmo strameritato, questo lo sanno tutti, ma il trionfo di questo presente, ha derubricato quella delusione, che ci ha insegnato tanto, se non tutto. In poche parole, quasi quasi, menomale sia successo: in caso contrario, non avremmo vissuto la cavalcata inenarrabile che Iemmello e compagni hanno realizzato, suscitando ammirazione (e anche l’invidia) di addetti ai lavori, stampa nazionale e clamore mediatico inaudito.
Ecco, il Catanzaro del timoniere Vivarini si è preso una rivincita: quello di dimostrare la forza della propria tradizione. Una forza ineguagliabile dalle altre che, nel frattempo, si barcamenavano al vertice dei propri campionati, mentre noi avevamo stravinto il nostro praticamente a gennaio: le altre, hanno fatto un percorso “umano”, “normale”, noi no. Quanto fatto dall’US non attiene a queste sfere, ha un ‘che’ di “paranormale”, di irraggiungibile. E chissà per quanto tempo ancora resterà marchiato a fuoco quel “96 punti“, uno dei record stabilito dalle Aquile.
La Supercoppa, dunque, offre l’irrinunciabile occasione di poter dare un cenno delle proprie qualità e della propria superiorità anche alle vincitrici degli altri gironi, come a dire “bravi voi, a vincere i vostri campionati. Ma noi restiamo i più forti”, certo, senza sconfinare nella spavalderia.
Perché il mini-torneo che vede partecipare proprio la Feralpisalò e la Reggiana (che si affronteranno sabato, nella Seconda Giornata), rappresenta una “toccata e fuga”, uno spioncino sulla Serie B che sarà, prima di affrontarsi in cadetteria.
Battute a parte, i Leoni del Garda hanno onorato al massimo l’impegno, dimostrandosi squadra forte, attrezzata, non certo una compagine arrangiata alla bell’e meglio come alcune tra quelle affrontate quest’anno. Va’ detto. Gli uomini di Stefano Vecchi hanno detenuto l’iniziativa nel primo tempo, passando legittimamente in vantaggio con un jolly di Butic nella ripresa, prima di capitolare sotto i colpi del Catanzaro, che ha fatto la voce grossa complici gli ingressi di Vandeputte e Biasci, nella ripresa.
Una vittoria che vuol dire tante cose e, di fatto, sancisce la superiorità del Catanzaro, nel complesso. Insomma, a noi il primo round, poi sabato 13 avremo un’altra chance per dimostrare di che pasta siamo fatti e magari regalarci quest’altro trofeo importante, in un’annata comunque indimenticabile.
Parola al campo e alla burocrazia. La squadra si ritroverà domani per riprendere gli allenamenti e la tabella di marcia in vista del match di Reggio Emilia che chiuderà ufficialmente la stagione, mentre è di oggi la notizia del rinnovo della convenzione per l’utilizzo del “Ceravolo” dell’US Catanzaro per il triennio 2023-2026, con eventuale proroga.
A proposito di “rinnovi” – manco a dirlo – sullo sfondo, i volti accigliati e concentrati e le bocche cucite dagli uffici di via Gioacchino da Fiore per quel che riguarda il rinnovo contrattuale di Vivarini. Un’altalena di sensazioni alberga nei tifosi giallorossi: a volte sembra vicino, altre sembra sfumare. Quel che è certo e inossidabile, il rapporto di stima reciproca tra le parti, le quali sono al lavoro da giorni per pianificare il futuro, in termini di organico e organizzazione, per trovare un punto di incontro e fare in modo che il percorso tra proprietà e allenatore vada avanti. Questo è l’auspicio che tutti hanno, anche perché interrompere il progetto tecnico sarebbe un peccato.
Lo stesso mister abruzzese, nel post-partita di Catanzaro – Feralpi, dopo aver glissato alla vigilia, si è lasciato sfuggire un “ho voglia di rimanere” (LEGGI QUI) che prendiamo come incoraggiante, sebbene i dettagli di cui si sta discutendo siano altri: su tutti la distanza economica – nel cui merito evitiamo di entrare ovviamente – oltre alla richiesta di non sacrificare eventualmente i pezzi pregiati dello scacchiere che avranno maggior mercato in estate, con l’innesto di alcuni colpi ben assestati, magari sul modello Bari e Sudtirol che Vivarini cita spesso, all’occorrenza. Chi non farà parte del prossimo campionato, intanto, è il Frosinone, per la cronaca, che ha festeggiato il ritorno in massima serie.
Perché il Catanzaro è in B ma deve guadagnarsi, a suo tempo, il ruolo di realtà importante della cadetteria, senza fare il compitino o tirare a campare, ma consolidando la categoria e poi, un giorno, chissà…
Vincenzo Vivarini è in credito con il calcio. Quest’uomo avrebbe meritato molto di più e con il Catanzaro (grazie al Catanzaro) sta prendendosi delle rivincite personali: “Di cattiverie, nel calcio, ne ho ricevute tante, sento che avrei potuto fare meglio – diceva ai nostri microfoni al “Viviani” di Potenza LEGGI QUI -. Mi ripaga che questa vittoria sia avvenuta proprio a Catanzaro”.
Ecco, ciò che sperano (speriamo) tutti, è che questo matrimonio si farà. Che ci sia non un (altro) lieto fine, ma un nuovo inizio di quello che sarà il Catanzaro sul palcoscenico delle grandi.