Lor signori – Il Corsivo

distinti tifosi

Sarà capitato a tutti di ricevere una bicicletta, in regalo, da bambini. La prima bici, quella che, per certi versi, ti aiuta a scoprire il mondo e, una volta tolte le rotelle, vorresti non fermarti mai, perché il vento ti carezza gli zigomi o la fronte madida di sudore, offrendoti l’ebbrezza dell’avventura. Quando al primo approccio, si cade, non serve contestare nei riguardi di colui che te l’ha regalata con “papà, perché non mi hai detto che sarei caduto?”, né addebitare “colpe” alla stessa bicicletta o a chi l’ha fabbricata! È normale cascare per terra, all’inizio; ma poi, con le ginocchia sbucciate e qualche livido, si impara e non si cade più. Rientra nella natura dell’individuo essere “educato” dalla dinamica degli eventi.

Negro Carburanti

Avviene nel momento in cui ci si affaccia alla crescita, nella vita. Avviene nello sport. E niente, come nello sport, è più “formativo” della sconfitta. Noi catanzaresi potremmo scrivere un’antologia o tenere una lectio magistralis a proposito di sconfitte (playoff in particolare), ma alcuni perseverano. Per fortuna non molti: coloro che impugnano il megafono dei social, mezzi che servirebbero a connettersi col mondo per imparare qualcosa, ma certi strumenti nelle mani sbagliate sono fuorvianti.

banner-placanica

Ci riferiamo a “lor signori”, quelli che si fregiano d’aver vinto i campionati a Runci o nel quartiere Sala trent’anni fa, sentenziando la bocciatura di “Iammello” o Vivarini, in quanto “inadeguati per la B”, dopo essere saliti sul carro dei vincitori direzione “Arechi” di Salerno, non più tardi di sette mesi fa. Coloro che vogliono essere i più eruditi dall’edicolante, dal barbiere, al bar, sui social per l’appunto, salvo poi rivelarsi nella loro pochezza culturale, che rasenta il fondo del barile e talvolta lo raschia.

Non si tratta nemmeno di “pallone”, ma di ignoranza spicciola, di analfabetismo funzionale per “lor signori”, incapaci di leggere e interpretare un testo – a cominciare da queste stesse parole – o un titolo. Emblematico, quando alcuni, tra “lor signori”, su queste colonne, avevano frainteso le parole dell’allora tecnico del Lecco, Foschi, il quale aveva dichiarato dopo la sconfitta contro i giallorossi “il Catanzaro è la squadra peggiore che ci potesse capitare”, prendendo un elogio per una provocazione! La cifra culturale di alcune persone si riduce ben al di sotto dei banchi delle elementari. Ma tant’è.

genius

Trinkenhaus

Quanto all’importanza delle sconfitte, al risvolto educativo che assumono, confermiamo un concetto già espresso in precedenza, all’indomani dell’inciampo col Modena: perdere, in alcune circostanze, è propedeutico ad una crescita. L’importante è ragionarci, averne consapevolezza. Lo stesso Vivarini, del resto, prima della partenza per Venezia sosteneva “forse abbiamo trascurato la crescita”: una comprensibile “leggerezza”, magari, dovuta al fatto che la partenza razzo dell’US in campionato – da neopromossa – abbia indotto evidentemente a focalizzarsi su altri aspetti, trascurando in parte dettagli che erano stati premessi in avvio di stagione.

Allora, incassare tre sconfitte consecutive (mettici pure che gli episodi non son girati, tra l’altro) può “aiutare” – tifosi in primis – a realizzare adesso cosa sia stato l’impatto con la B, con una categoria nella quale tutto è imprevedibile. “Ma l’entusiasmo non deve mai venir meno”, rimarca lo stesso tecnico.

Aver perso, non riguarda prevalentemente la parte tattica ma atterra sulla sfera caratteriale. Sono mancati cinismo, malizia, esperienza, quella che i calciofili dei giorni nostri definiscono “garra” contro avversari spigolosi dalla faccia sporca. Ecco, forse in questo siamo acerbi, perché non è necessario essere per forza sempre “belli”, ma dimostrarsi predisposti a cambiare strategia, a mutare pelle, senza sconfessare il proprio “credo” – che ha prodotto innegabilmente i risultati sotto gli occhi di tutti – ma impugnando la sciabola e non tirare di fioretto. Aspetti, comunque, che si forgiano col tempo.

Chiunque, in casa sua, ha delle indicazioni su cui lavorare, degli spunti da modellare. Fabio Caserta ad esempio, da Cosenza, poneva in risalto un limite dei suoi lupi: il “sedersi” sul risultato nelle seconde frazioni di gioco. “Secondo me non abbiamo ancora questa maturità, che si acquisisce solo lavorando, non è un aspetto tecnico o tattico, ma mentale”, diceva ai microfoni il tecnico dei rossoblu, parlando in vista del derby. Insomma, ognuno ha il suo orto da curare, ad oggi, che non si è nemmeno al giro di boa della stagione.

Il derby, sì: il crash test da non fallire, l’appuntamento che tornerà al “Ceravolo” dopo cinque anni, in uno stadio sold-out, con 750 supporters dirimpettai nella Est. Una sfida sulla cui importanza, spendersi risulterebbe superfluo, banale. Lo sanno tutti, Vivarini, Caserta, la gente (ad eccezione di Checco Moriero, nove anni fa, suo malgrado): la vittoria assumerebbe diversi significati, in risposta al momento delicato e in omaggio al popolo catanzarese, in particolare al tifo organizzato, agli Ultras Catanzaro che hanno festeggiato mezzo secolo d’attività, lo scorso weekend (LEGGI QUI).

Comunque vadano le cose, nulla potrà inficiare il percorso fin qui condotto, né incidere sulle proprie consapevolezze. Tranne per “lor signori” di cui sopra, i depositari di “verità assolute” e dello scibile calcistico. 

 

 

 

 

P