Parola d’ordine: non parliamo di “battuta d’arresto”. No.
Poniamoci davanti uno specchio e ripetiamolo come fosse una forma di training autogeno, inspirando ed espirando a ritmo costante. Perché, è vero, il Catanzaro ha decelerato di qualche chilometro orario la sua corsa ma è umano che sia così. Perché, pur divisi tra le ipotesi “punto guadagnato o due punti persi?”, i giallorossi hanno riacciuffato al fotofinish una gara praticamente persa e, sebbene questo non sia motivo di cui bearsi, non vale la pena nemmeno deprimersi, come alcuni tifosi catanzaresi medi usano fare, puntualmente. Gli stessi del “st’annu avimu e fhara ‘na volata” che poi inciampano nel deprimente “puru st’annu nescimu ali playoff”. Insomma, “est modus in rebus” (“esiste una misura nelle cose”, sentenziava Orazio) e questo dovremmo ricordarlo sempre, anzi, ripeterlo fino allo spasimo, proprio come il leitmotiv di cui sopra.
Tralasciando questa bizzarra puntualizzazione, veniamo alla cronaca. Il Catanzaro visto a Cerignola è mancato in cattiveria e, per larghi tratti, nella lucidità della giocata e nell’intensità (e non lo sosteniamo gratuitamente noi, ma lo stesso mister Vivarini nel post-partita), cosa che l’Audace (in tutti i sensi) non ha fatto, sfoderando la prestazione che avremmo dovuto proporre noi. Invece, con la freschezza sbarazzina tipica della neopromossa, la squadra di Michele Pazienza ha tenuto testa ai giallorossi, giocando con quel pizzico di malizia e la sfacciataggine di chi non ha nulla da perdere, anzi vanta delle individualità di tutto rispetto. Alla fine, con determinazione e con un Pontisso gettato nella mischia pur non essendo nelle condizioni fisiche ideali, la truppa è riuscita a salvare capra e cavoli, facendo ritorno con un punto. Prezioso o no, giudicate voi, ma noi ci sentiamo di lanciarci in una previsione (che magari verrà smentita col passare dei mesi) circa l’avversario: il Cerignola ha le carte per disputare un campionato colmo di soddisfazioni e provare a ritagliarsi un posticino a ridosso della zona playoff, proprio al fine di “conoscere la categoria e trovarsi a proprio agio” come Pazienza sosteneva interpellato da noi. Quindi no, rispondendo senza timore di smentita, ci sentiamo di dire che il punto del “Monterisi” non è affatto da buttare, anche se l’US al momento scende di un gradino, al secondo posto in condominio con la Turris.
Altra considerazione, che non lede la prestazione dell’avversario meritevole d’elogi, il contesto: far disputare un incontro di Serie C su un terreno sintetico del genere, è difficile da comprendere. E, per carità, non vuole essere una patetica ricerca di scuse, altrimenti smentiremmo quanto sostenuto finora, dopo esserci spesi con i complimenti verso la squadra pugliese. Però, ad ogni controllo, contrasto o rimbalzo (abnorme) del pallone, il manto del “Monterisi” (IN FOTO) ricordava quei campetti di calcetto sui quali si va a fare la partitella al pomeriggio coi colleghi dell’ufficio. Non si può. Tuttavia, il girone C conta almeno cinque/sei club che dispongono di un impianto con annessa erbetta in sintetico. Per cui, stando al pensiero dell’allenatore alla vigilia della trasferta in terra pugliese, “dovremmo farci l’abitudine”, c’è poco da fare.
Ed il Catanzaro, intanto, sabato contro il Messina dell’ex Auteri, dovrà riprendere l’abitudine con la vittoria, rimettendosi in scia e cercando il contro-sorpasso nei confronti del Crotone, attuale capolista. Ma come? Sempre secondo i principi di umiltà, rabbia ed equilibrio, che Vincenzo Vivarini predica da inizio stagione.