I colori sociali della squadra avversaria erano simili, la trama scritta in campo, per certi versi, idem. All’Arechi, il remake della partita di Cittadella, per risultato, “contenuti” (?) e sbadigli. Salernitana-Catanzaro è tutta qui.
Partita brutta e, per quanto sia sgradevole il termine, non servono eufemismi che possano generare equivoco, né spendersi in altre parole per fotografarla. D’altra parte, di cosa si dovrebbe parlare, di una partita “diversamente bella” o “diversamente vivace”?! No.
Sottoscrivendo, ancora, la fiducia che tutto si possa incanalare verso la giusta direzione – modulo e intesa tra gli interpreti – altresì, puntare il faro su quest’aspetto non significa certo polemizzare gratuitamente, ma limitarsi a riportare i fatti, in maniera oggettiva e asciutta. Fingere che sia “tutto a posto”, sarebbe come nascondere la polvere sotto il tappeto.
Poco da aggiungere: giocatori confusi, un continuo fraintendersi, col povero Pittarello lasciato in balia delle maglie granata, a dannarsi l’anima e sbracciarsi, invocando uno straccio di pallone giocabile.
Insomma, i buoni propositi figli del secondo tempo del match con la Cremonese (nonostante la sconfitta) non sono atterrati nella trasferta di Salerno.
Per carità, analizzando in maniera asettica, si tratta di un punto raccolto fuori casa e su un campo difficile, sebbene anche Martusciello abbia delle riflessioni da fare, visti i mugugni di una piazza calda ed esigente.
Riflettere e agire, per trovare la chiave di volta e massimizzare il materiale di cui – adesso sì – il Catanzaro dispone, soprattutto in un reparto offensivo tanto affollato quanto sterile.
Oggi la ripresa nel quartier generale di Giovino: il Modena in scaletta e poi la sosta, primo sbarramento di questo scorcio di stagione, alla quale si dovrà arrivare con maggiori consapevolezze, risposte e – possibilmente – tre punti in più in saccoccia.