Sport e Psicologia: l’importanza del mental coach nel calcio

Psicologo dello sport

Sport e Psicologia sono sempre stati legati da un fil rouge; basti pensare ai termini comunemente utilizzati come “forza mentale”, “attenzione”, “concentrazione”, “motivazione”, ecc. Si è reso necessario, però, un lungo percorso per far comprendere, soprattutto agli allenatori, che l’aspetto psicologico o “mentale” non può essere solo “affare loro”. Molti vedono infatti la presenza di una figura specializzata in questo ambito come un ridimensionamento del proprio ruolo. In realtà, non è assolutamente così!

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Prima di spiegare gli effetti positivi del supporto psicologico, citando le storie di alcuni calciatori, è importante fare un passo indietro, spiegando chi è e cosa fa lo psicologo dello sport, o più comunemente, il mental coach.

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Il mental coach, per definizione, deve essere uno psicologo. Non basta un breve corso di formazione per acquisire competenze così delicate e complesse. Il suo compito è aiutare gli atleti a superare i blocchi mentali, adottando strategie che permettano loro di mantenere prestazioni elevate anche sotto pressione. Infatti, le prestazioni non dipendono solo dalla preparazione atletica, ma hanno una forte componente psicologica. La presenza di uno psicologo in una squadra, come nel calcio, permette agli atleti di affrontare e superare fragilità che impediscono loro di esprimere al meglio il proprio potenziale. Il suo ruolo, dunque, non limita, ma integra e potenzia quello dell’allenatore.

Ora vediamo due esempi che, per motivi diversi, confermano questa tesi: Mario Balotelli e Robin Gosens. Il primo è sempre stato etichettato come “il ragazzo dai piedi buoni, ma dal carattere difficile e la testa fragile”. Tutti gli allenatori hanno cercato di tenerlo a bada, senza mai soffermarsi su cosa potesse passargli per la mente. Dopo un periodo difficile, Balotelli ha deciso di rivolgersi a uno psicologo, dichiarando al Corriere della Sera: “Consiglio gli psicologi a tutti i ragazzi, ho il rimpianto di non aver iniziato prima. Ora mi conosco, posso dirlo: è un’arma potentissima”.

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Gosens, invece, ha creduto fin da subito nella figura dello psicologo, tanto da decidere di studiare psicologia durante la sua carriera di calciatore, con l’obiettivo di aprire uno studio in cui aiutare gli atleti a gestire ansia, pressione o problemi simili. “Grazie alla mia esperienza come atleta professionista, che ha dovuto affrontare questi problemi durante la sua carriera, e alle basi teoriche acquisite attraverso i miei studi, credo di poter offrire un valido aiuto. Ne sono convinto,” ha dichiarato, anche lui al Corriere della Sera.

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Si potrebbero portare altri mille esempi, ma la realtà è una sola: non si può prescindere dalla figura dello psicologo dello sport. Sono gli stessi atleti a richiederne la presenza!

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Se si capisce questo, non si possono che trarre benefici. Gli atleti sono esseri umani, con fragilità che esistono indipendentemente dal numero di zeri nei loro conti bancari. Affinché queste fragilità non diventino montagne insormontabili, hanno bisogno di una guida esperta.

Forse è arrivato il momento di ascoltarli…

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